Il Larice, un gande albero dalle foglie verde chiaro in primavera, giallo-oro in autunno, spoglio d’inverno, è da sempre l’albero più vicino allo spirito delle popolazioni delle Alpi. E’ come una luce che popola i boschi, conferendo tonalità, vivacità e movimento cromatico al paesaggio e per questo suscita nell’uomo maggiore interesse e considerazione rispetto alle altre Conifere.
Alla resina del Larice venivano riconosciute proprietà medicamentose e la resina veniva raccolta dalla specie dove questa era più abbondante.
Venezia è costruita in buona parte su tronchi annegati di larice provenienti dai boschi cadorini e Leon Battista Alberi (1404-1492) scrisse che anche le vecchie strutture del mercato di Venezia erano costruite in legno di larice; egli aggiunge che il legno di questa conifera ha buon nerbo, forza tenace, massima resistenza alle piogge, si lascia facilmente segare, lo si può piallare e levigare alla perfezione. E non c’è dubbio che anche le parti lignee di molte delle antiche costruzioni di Venezia siano in legno di larice, come la trave, interamente in durame e con 350 anelli di accrescimento, utilizzata come sostegno del salone del 1°piano del palazzo costruito nel 1504 a Fontego dei Tedeschi.
Il corpo umano, eccezionalmente ben conservato, scoperto nel settembre del 1991 in Val Senales, vecchio di 5300 anni e conosciuto come “l’Uomo di Similaun” e nell’area di lingua tedesca come “Otzi”, appartenente ad una popolazione che aveva imparato a vivere in montagna, portava una specie di gerla ( zaino ) fatta con asticelle di larice.
I Romani dell’epoca imperiale conoscevano bene il termine “Larix”. Così si chiamava , ad esempio, un’impoertante stazione intermedia dell’arteria che da Aquileia portava al Noricum e conoscevano bene anche il legno del Larice che veniva chiamato “il forte degno delle Alpi” o “il legname del Monte” esaltato come il più conveniente per la fattura delle aste delle lance. Marco Vitruvio, celebre architetto e scrittore romano scrisse che il legno di larice, “…di filo lungo e buono per falegnameria quanto quello dell’abete, non galleggia e è praticamente incombustibile…”.
E ancora in epoca romana, una grande quantità di tronchi di larice vennero usati per la costruzione di Ravenna, “…era questa cittò grandissima, posta nelle paludi, intersecata da correnti d’acque; non di pietra, sì di legno le case e i ponti, onde molto il legname richiesto…”.
Il legno lavorato di larice è impiegato principalmente per lavori di esterno e a contatto con il suolo, ma anche per costruzioni navali e marittime, idrauliche, strutture per le coperture degli edifici, capriate, solai, elementi lamellari anche di grandi dimensioni, abitazioni prefabbricate in legno, pavimenti, scale interne ed esterne, mobilia andante o di pregio. I rami e gli scarti di lavorazione forniscono un’ottima legna da ardere.
Per le coperture dei tetti delle costruzioni di montagna, venivano utilizzate tavole o scandole di larice e i canali di gronda, quando esistevano, venivano costruiti con antenne dello stesso legno, tagliate a metà nel senso della lunghezza e opportunamente lavorate e rese cave. Le scandole , lunghe circa 75 cm, venivano ottenute dopo un’attenta scelta del legname, con la tecnica denominata “a spacco” ovvero spaccando il legno in senso longitudinale con uno speciale coltello, secondo il naturale andamento degli elementi strutturali del legno stesso. Oggi le scandole sono ritornate in uso per il bel risultato estetico che assumono le coperture realizzate con questo materiale, a volte voluto e prescritto dalle commissioni edilizie e ambientali. Le coperture in scandole, se eseguite a regola d’arte, mantengono egregiamente la loro funzione per almeno mezzo secolo e, un tempo, dopo questo lungo periodo di servizio, venivano girate e riutilizzate.